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La fiamma che attraversa il tempo: Tommaso Valente, tre Olimpiadi e una vita per lo sport

Tommaso Valente e la fiaccola di Torino 2006 Tommaso Valente e la fiaccola di Torino 2006 © Tommaso Valente

La fiamma olimpica sta attraversando l’Italia per i Giochi Invernali di Milano-Cortina 2026, toccando città storiche e luoghi simbolici del Paese, in un viaggio che unisce sport, territorio e memoria collettiva. A portarla, di mano in mano, sono 10.001 tedofori: donne e uomini che diventano, per qualche istante, custodi di uno dei simboli più potenti dello sport mondiale.

Tra loro, anche tre figli di Castellaneta: Nicolò Cazzato, militare della Marina, Pierfrancesco Rizzi, medico e Tommaso Valente, storico imprenditore oggi in pensione.

Per i tre tedofori castellanetani l’occasione è quella di lunedì 29 dicembre, durante la tappa che da Altamura porta la fiamma olimpica a Taranto, città che, tra l’altro, si appresta a ospitare i prossimi Giochi del Mediterraneo.

Se per Cazzato e Rizzi si tratta sicuramente di un momento significativo e denso di emozioni, classico ricordo da raccontare un giorno ai nipotini, per Valente, classe 1942, è invece un vero e proprio appuntamento con la storia: alzerà infatti la fiaccola per la terza volta, “timbrando il cartellino” di tre olimpiadi italiane di fila. Se non è un record davvero poco ci manca, ma questo è un dato che lasciamo agli amanti delle statistiche e degli almanacchi sportivi per ulteriori approfondimenti.

Per noi è soprattutto l’occasione per incontrarlo e intervistarlo e per ripercorrere con lui la sua passione per lo sport, una passione lunga un’intera vita durante la quale tanto si è speso per i giovani di Castellaneta, grazie al sostegno da imprenditore illuminato a tante discipline sportive. Molti ricorderanno i gloriosi anni dell’Ar.Me. Mo Basket, fucina di cestisti e di uomini protagonisti ancora oggi della società civile e sportiva della città del Mito.

Lo incontriamo nel suo studio, interrompendolo durante la lettura di un libro, una delle sue passioni. Un ambiente accogliente, con una nutrita biblioteca, fotografie e ricordi di una vita, fra cui anche le fiaccole olimpiche di Roma 1960 e Torino 2006.

La prima fiaccola: Roma 1960

«La prima staffetta olimpica fu in occasione dei Giochi Olimpici di Roma, correva l’anno 1960 e avevo 18 anni. La fiamma olimpica passava da Castellaneta e portai la fiamma per circa un chilometro, nel tratto che va da poco prima dei Vigili del Fuoco sino all’ex macello comunale di via Taranto.

Mi trovai per caso in quell’occasione, all’epoca c’erano solo atleti e sportivi praticanti e qualche mese prima avevo vinto con il liceo il campionato provinciale di corsa campestre. Per poter partecipare a portare la fiaccola da tedoforo bisognava fare allenamenti e io dovevo andare due volte a settimana a fare allenamento allo stadio Mazzola di Taranto, con il professor D'Andria, insegnante di biologia e fisica, nonché istruttore della Libertas Taranto, una squadra di atletica leggera molto quotata all'epoca».

Tedoforo a Roma 1960 - Castellaneta (c.da Specchia)

Torino 2006: la seconda volta

«La seconda staffetta fu a Torino, nel 2006, in occasione dei Giochi Olimpici Invernali, proprio nella città dalle Mole, a pochi metri dal braciere olimpico. A Torino feci un tratto di 500/600 metri e la passai a un signore prima di Rosaria Consoli, la maratoneta. Sono lì, dove sto vestito in bianco (mi indica una foto nel suo studio, appesa in una parete piena di ricordi e di fotografie), e poi lì si aggiungerà sotto un'altra, spero. C'è già lo spazio, vedo che c'è già l'angolino. L'avevo preparato in tanto tempo fa».

Tedoforo a Torino 2006

65 anni dopo la sua prima fiaccola, cosa prova oggi quando stringe di nuovo tra le mani quel simbolo: la stessa emozione o sensazioni nuove, ogni volta?

«Ma vedi, è sempre molto bello, ma non ho più quella palpitazione che avevo alla prima Olimpiade, quando avevo 18 anni. Già alle Olimpiadi Invernali di Torino, si sono intromessi gli sponsor, i quali hanno un po' falsato il tutto. Pensa che mentre la prima staffetta olimpionica della fiaccola si percorreva un chilometro circa, adesso si fanno 200/300 metri. Quest’anno saremo 10.001 tedofori, una schiera che si è allungata per gratificare gli sponsor. Tra l'altro mentre prima doveva essere corsa, adesso si può anche camminare, quindi è proprio una passerella, non è fatta per gli sportivi. Tra l'altro ci sono personaggi dello spettacolo. Personaggi che rappresentano lo sponsor, personaggi che da come ho visto scrivere, da come li ho visti camminare, non rappresentano proprio il risultato di un'attività fisica. Non sono testimonial dello sport, ma sono testimonial pubblicitari».

Probabilmente il Barone De Coubertin, il fondatore delle moderne olimpiadi, si starà rivoltando nella tomba per questa deriva, proprio lui che voleva solo atleti dilettanti partecipare ai Giochi. Ed a proposito di De Coubertin e dei suoi ideali, senza fare scomodi paragoni, senz’altro lei ne ha incarnato lo spirito a Castellaneta, sostenendo da mecenate la pratica sportiva come mezzo per il progresso dei giovani.

«L'attività fisica in genere, al di là di essere un'attività io ritengo quasi obbligatoria per l'uomo, come dormire, come mangiare… sono di quella convinzione, al di che dire è anche gratificante, ti lascia delle endorfine, ti rilascia un qualcosa che tu non riesci, non puoi spiegare, ma che ti dà benessere, ti dà un benessere che non riesci a capire perché e lo capisci che è benessere quando non lo fai e quindi il benessere non ce l'hai.

Ho sostenuto il basket, con l’associazione Pro Juventute, ma prima ancora l'atletica leggera, con il buon e compianto Perrini, il Capo Stazione, e la pallavolo. Per un po' di tempo sono stato Presidente della squadra di calcio. La prevalenza la davo ai ragazzi, ai bambini. A Natale regalavo sempre il mio panettoncino ai ragazzi e non davo solo quello, ma anche un libro, perché ho cercato di imprimere la voglia di scrivere ai bambini, erano quasi ragazzi, perché facevamo un giornalino e davo un premio a chi scriveva l'articolo migliore. Piccole iniziative che servivano per incoraggiare i ragazzi a muoversi non soltanto nell'ambito delle discipline sportive, ma anche nell'ambito culturale.

Bisogna allenare il fisico e il cervello - altrimenti si crea squilibrio - e insieme la coscienza, perché il fare del bene e il far bene le cose che si vogliono fare, completano l'uomo, in qualche maniera lo formano. La disciplina sportiva, l'attività fisica insieme, l'attività mentale con l'attività della coscienza, cioè il rispetto degli altri, il rispetto dei propri doveri, il rispetto dei valori che rappresenta la fiaccola, che ti devo dire la lealtà, l'onestà, la costanza, la perseveranza, tutti questi valori si vengono a creare quando c'è l'equilibrio tra questi tre tipi di allenamento, fisico, mentale e diciamo dello spirito, dell'anima».

La sua passione per lo sport è ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Facile incontrarla per le strade di Castellaneta, mentre fa lunghe passeggiate. A 83 anni, qual è il suo segreto della sua forma fisica?

«Mi sono imposto ogni giorno circa due ore di esercizio fisico, tra camminate, corse e quant'altro. Ho un amico che mi accompagna, facciamo 10, 20, talvolta 30 chilometri per Montecamplo, scendiamo giù la Gaudella, andiamo a Palagianello.

Un principio che ho è quello di non prendere la macchina, vado a piedi a fare la spesa e cerco di comprare prodotti a chilometro zero. Mi sveglio ogni mattina alle 6.45, puntualmente. Curo il giardino personalmente, anche se in maniera saltuaria, qualche volta viene qualche aiuto. E poi, naturalmente, molta lettura. La mia alimentazione si basa sulla dieta mediterranea, sono un patito dell’olio d’oliva, molti amici mi prendono in giro per questo, lo uso anche a colazione!

Al fianco dell’attività fisica vi è l'attività mentale e l'attività della coscienza, cioè il rispetto degli altri, il rispetto dei propri doveri, il rispetto dei valori che rappresenta la fiaccola, che ti devo dire sono la lealtà, l'onestà, la costanza, la perseveranza. Tutti questi valori si vengono a creare quando c'è l'equilibrio tra questi tre tipi di allenamento, fisico, mentale e diciamo dello spirito, dell'anima».

Un’ultima domanda, prima di salutarla e lasciarla alle sue letture. Ci sarà spazio per una quarta fiaccola?

(La risposta è sorniona.)

«Potrebbe essere un’idea e mi auguro ovviamente di pareggiare: almeno due estive e due invernali, chiaro che ho il modo di resistere, insomma, se questa è la scusa giusta…

“Chi si ferma è perduto”, recita il titolo di un vecchio film di Totò e Peppino del 1960, lo stesso anno dei Giochi Olimpici di Roma e della prima fiaccola di Tommaso Valente».

Mai come in questa storia il motto sembra trovare una conferma così limpida: la costanza, la disciplina, il movimento, la curiosità e l’impegno — nello sport come nella vita — non sono soltanto virtù, ma autentiche chiavi di longevità e pienezza.

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