
C'era anche la sociologa massafrese Maristella Cacciapaglia, sabato 1 marzo, tra i relatori del panel "Torno a casa! Il viaggio di chi torna ad abitare e lavorare al Sud", evento inserito nella BTM - Business Tourism Management di Bari.
Nel corso dei lavori si è discusso di un fenomeno sempre più rilevante: il ritorno al Sud per lavorare e abitare e Cacciapaglia ha portato la sua esperienza di circolarità professionale tra Nord e Sud Italia ma non solo.
L'evento ha affrontato temi cruciali: le opportunità lavorative nelle regioni meridionali, il ruolo dello smart working e le politiche necessarie per rendere sostenibile il ritorno di tanti professionisti emigrati altrove.
La professionista massafrese ha sottolineato come la sua esperienza non sia stata un ritorno lineare, ma piuttosto una traiettoria circolare: dagli scambi culturali in Svezia, Russia e Germania con la professoressa Angela Franchino e il preside Stefano Milda - verso cui ha espresso immensa gratitudine - all'Università Bocconi di Milano. Dalla specializzazione a Bari e dalla tesi negli Stati Uniti al dottorato a Taranto e agli studi in Francia, passando dai tirocini in India, in Belgio e all’Amastuola, luogo in cui ha avuto l’onore di collaborare con Peppino Montanaro, fino alla ricerca all'Università di Milano. Oggi, infine, è in partenza per la City University of New York.
Questo modello sfida l'idea tradizionale del ritorno al Sud come un percorso predefinito, suggerendo invece un approccio più flessibile e adattabile alle esigenze personali e professionali di ogni individuo.
Durante il panel ci si è chiesti se il fenomeno del South Working possa rappresentare una soluzione stabile o se rischia di rimanere una tendenza temporanea. La pandemia ha accelerato la diffusione del lavoro da remoto, rendendolo più accessibile anche nei territori marginali. Tuttavia, esistono ancora ostacoli significativi: infrastrutture digitali insufficienti, costi di trasporto elevati per chi deve recarsi periodicamente nelle grandi città e una carenza di spazi di co-working e poli di aggregazione professionale.
«Il South Working non può essere considerato una soluzione unica per il Mezzogiorno, ma piuttosto una possibilità in un sistema più ampio di scelte lavorative. Non si tratta solo di tornare o restare, ma di avere la libertà di decidere dove e come costruire il proprio futuro» ha affermato Cacciapaglia.
Le politiche pubbliche, secondo Cacciapaglia, dovrebbero incentivare le scelte individuali senza imporre percorsi rigidi, sostenendo sia chi decide di rientrare sia chi preferisce restare fuori dalla propria regione d'origine. Le attuali misure di sostegno si concentrano spesso su specifici profili, come startupper e creativi, ma servirebbero incentivi più inclusivi per garantire a tutti la possibilità di scegliere il proprio percorso lavorativo in modo dignitoso.
Se da un lato il South Working offre nuove opportunità, dall'altro emerge la necessità di un intervento strutturale da parte delle istituzioni. Le carenze infrastrutturali e la mancanza di politiche adeguate per il lavoro agile nelle aree più marginali rendono difficile una piena integrazione di questo modello lavorativo. In diverse zone d’Italia, ad esempio, si stanno sviluppando progetti di presidi di comunità, dove professionisti lavorano in spazi condivisi e offrono servizi al territorio, come corsi gratuiti e formazione specialistica.
«Non basta permettere alle persone di lavorare da remoto, bisogna creare le condizioni affinché sia una scelta sostenibile. Per esempio, le infrastrutture digitali non sono uguali ovunque, e vivere in una zona interna della Sicilia o della Basilicata comporta costi e difficoltà maggiori rispetto a chi vive a pochi chilometri da una metropoli», ha aggiunto la sociologa.
L'esperienza di Cacciapaglia dimostra che il lavoro da remoto può rappresentare una risorsa preziosa, ma servono interventi concreti per evitare che resti un'opportunità riservata a pochi. Il futuro del lavoro al Sud dipenderà dalla capacità di creare un ecosistema inclusivo, in cui ogni giovane possa decidere dove e come costruire il proprio percorso professionale, senza limitazioni imposte dalla mancanza di alternative.
«L'importante è poter fare il lavoro che si vuole alle condizioni che si vogliono, con contratti dignitosi e ambienti stimolanti» ha concluso la ricercatrice massafrese. Un messaggio chiaro alle istituzioni e alle aziende: il Sud ha il potenziale per diventare un territorio attrattivo, ma servono politiche mirate e infrastrutture adeguate per trasformare il South Working in una realtà duratura e inclusiva.
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