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CastStory: Paolo Portoghesi, il ricordo di un maestro

Castellaneta, Aurelio Miccoli intervista Paolo Portoghesi Castellaneta, Aurelio Miccoli intervista Paolo Portoghesi © Aurelio Miccoli

Oggi (martedì 30 maggio 2023) è scomparso il professore architetto Paolo Portoghesi, un maestro dell’architettura italiana che a Castellaneta ha progettato il nuovo complesso parrocchiale dei santi Francesco e Chiara.  

Nato a Roma nel 1931, titolare di prestigiose realizzazioni internazionali e di una nota biografica di tutto rilievo, alla luce di una lunghissima carriera accademica, è stato un professionista eclettico ed esperto: maestro dell’architettura italiana nel senso che ha dettato tendenze metodologiche, soprattutto quella della reintegrazione della memoria storica collettiva, cardine di ogni progettazione moderna e sintesi dei diversi elementi.

Ma è stato anche operatore nella ricerca storiografica, critico d’arte (direttore della Biennale di Venezia nel 1980) e soprattutto autore di un lunghissimo elenco di realizzazioni architettoniche.

Dal suo eloquio riflessivo, ponderato e ricco di pause, emerge l’insegnante, metodologicamente incline ad aprire il suo pensiero, a confrontarsi, a ragionare, a proporre idee.

Con un ruolo particolare nel dibattito sull’architettura dei luoghi di culto, e non solo cristiani. Un quarantennale percorso segnato dalla realizzazione di molti centri parrocchiali cattolici e islamici come la moschea di Roma [ma anche vincendo i concorsi per le moschee di Strasburgo (2000) e di Algeri (2007)]. Maturando una straordinaria competenza sulla sacralità interreligiosa che lo portò a coltivare il sogno di uno spazio sacro comune alle tre religioni monoteistiche. Un’utopia che nasceva sull’ipotesi di una pacificazione universale e che stava per realizzarsi a Palermo.

Poi, però, l’utopia passò in secondo piano e lasciò il campo alla realizzazione di numerosi edifici sacri che impegnavano i progettisti nella ricerca da un lato di un calibrato rapporto fra spazio interno ed esigenze liturgiche e dall’altro fra spazio esterno e suo significato simbolico nel contesto urbano.

Ancora oggi, a settanta anni dal Concilio Vaticano II che sancì un sostanzioso processo di innovazione negli edifici di culto, il mondo della cultura architettonica si interroga chiedendosi se sia riuscita a dare una risposta piena su una nuova tipologia postconciliare, se sia riuscita cioè a trasformare l’esperienza religiosa in segni architettonici.

L’edificio ecclesiale di Castellaneta, esito più recente della ricerca spazio-ecclesiale di Portoghesi, è inteso come “tempio” cristiano, composto cioè dalla comunità dei credenti, ma anche come pellegrinaggio lungo un percorso assiale verso l’abside. La forma dell’aula è dunque una forma simbolica, espressione di centralità e orientamento. E’ una sagoma che permette di fondere in una sintesi unitaria il modello basilicale, così importante nella storia del cristianesimo, con il modello dell’aula assembleare che, interpretando l’esigenza della partecipazione di tutti i fedeli al rito, è diventato il modello base delle chiese postconciliari.

L’interpretazione che il maestro ha fatto della nostra chiesa parte dalla grande tradizione pugliese che unisce all’austerità romanica la morbidezza del barocco, sviluppando un tema iconografico che si richiama all’insegnamento di san Francesco, nel considerare la casa del Signore, che è la Chiesa, nei suoi aspetti richiamati dal Credo: una, santa, cattolica e apostolica. I luoghi dello spazio liturgico cercano di trasmettere questo messaggio che, in ogni caso, è reso più concreto ed evidente dalla partecipazione stessa dei fedeli.

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