Sono passati tanti anni dal crollo della palazzina di viale Verdi (7 febbraio 1985), ma il ricordo a Castellaneta resta sempre vivo.
Di notte, improvvisamente, il palazzo venne giù con il suo carico di morte. Il ricordo di chi visse quei tragici momenti è indelebile così come è perenne il cordoglio per le 34 vittime.
Il palazzo si trovava in Viale Verdi, una strada parallela a via Roma, in una località conosciuta come “Sargella”. Che è un antico toponimo per indicare una vasta zona, a ovest dell’antico centro storico, che si è urbanizzata lentamente negli anni ’40,’50 e ’60 del ‘900, quando la crescita della città non era ancora disciplinata da strumenti urbanistici.
In zona “Sargella” si era formato un nuovo borgo intorno all’edificio scolastico (1933) che si animava di strade nuove in una zona compresa tra via del Commercio (oggi via Roma), in basso via san Francesco e in alto il tracciato ferroviario che lambiva il cosiddetto “petrale”, una antica cava a pozzo che aveva fornito per molti decenni dell’ottimo materiale di pietra calcarea e poi era diventata rifugio di ovini e dei loro custodi.
Il riferimento di questo nuovo borgo divenne viale Verdi, una strada larga e parzialmente alberata che vide sorgere una serie di edifici residenziali di speculazione. Ma anche una grande chiesa di quartiere (Cuore Immacolato di Maria), un complesso denominato “Villaggio del fanciullo”, poi affidato alle Suore di Ivrea con la loro scuola primaria e, di fronte, il palazzetto ex Inam per molti anni sede di ambulatori specialistici.
Al termine della strada, più in alto, esisteva il complesso delle ACLI, con l’importante funzione didattica di formazione professionale, e infine, all’incrocio con via san Francesco, una grande e bella piazza inizialmente detta piazzale Verdi, poi intitolata a Kennedy ed oggi alla memoria delle vittime del crollo.
Il giorno dopo il crollo, la Gazzetta del Mezzogiorno che si faceva apprezzare per la completezza delle informazioni e delle analisi (a parte il refuso sul conteggio dei morti), lo chiamava “Il palazzo della morte”.
Eccolo il palazzo della morte quando era ancora in piedi nella sua apparente normalità, proprio di fronte alla chiesa di quartiere.
Al suo posto si realizzò, con felice intuizione, un “memorial”: un fabbricato basso che è un centro culturale, con auditorium e biblioteca, molto apprezzato dalla società civile.
Sulla sommità un’idea di piazza con un monumento incompreso ai più, che è lì a testimoniare il tragico evento.
Aurelio Miccoli
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