
Carlo V di Spagna, imperatore del Sacro Romano Impero, re di Napoli e Sicilia, re d'Aragona e Re di Sardegna, aveva dunque confermato a Castellaneta il titolo di “città fedelissima” per l’episodio del Sacco.
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Ma dopo una decina d’anni fece finta di dimenticarsene e concesse il nostro territorio in feudo ad un suo sodale, il cavaliere fiammingo Guglielmo de la Croix. Cominciò così (1519) un periodo di servaggio feudale lungo quasi tre secoli. Il primo feudatario, quello straniero, però durò solo un anno perché poi vendette ai Caracciolo.
I feudatari erano nobili a cui il sovrano, in cambio di un tributo e (in caso di guerra) di un contingente di cavalieri e di fanti, affidava temporaneamente un territorio del proprio stato, un feudo, appunto. Qui i feudatari lo rappresentavano e potevano legiferare, riscuotere tasse e amministrare la giustizia.
Ma lo facevano sempre nel modo più vessatorio per la popolazione.
Stando alle cronache storiche i peggiori furono i Caracciolo. Già feudatari (dal 1507) di Martina Franca col titolo di duca, un loro discendente, Nicola Maria Caracciolo, acquistò nel 1520 il feudo di Castellaneta e assunse il titolo di Marchese.
Il giogo feudale dei Caracciolo dal 1520 al 1580 fu pesante e praticamente intollerabile. Il peggiore della dinastia Caracciolo a Castellaneta fu Carlo I° (l’ultimo dei Caracciolo che nel 1580 vendette ai Bartirotti perché carico di debiti) tanto da attirarsi numerose lagnanze presso le autorità regie di Napoli.
Ai danni dei poveri vassalli commetteva soprusi di ogni tipo infischiandosene delle eventuali sentenze dei tribunali. Spesso si dimenticava dei privilegi concessi dai suoi stessi antenati, era solito esigere diritti maggiori di quelli spettanti e nei contenziosi pretendeva giudizi a lui favorevoli. Era anche per carattere molto taccagno, pronto ad approfittare di derrate alimentari non sue, a chiedere in prestito dimenticandosi di restituire.
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