A venticinque anni dalla scomparsa viene ricordato a Squinzano, dove era nato, il servo di Dio monsignor Nicola Riezzo, titolare dal 2005 di un lungo processo di canonizzazione che dovrebbe riconoscerne la santità.
Nicola Riezzo è stato anche vescovo della diocesi di Castellaneta per circa un decennio, dal 1958 al 1969, per poi essere promosso arcivescovo della diocesi di Otranto, lasciando nella nostra comunità oltre che il segno vivido di una profonda azione pastorale anche l’insegnamento di un comportamento esemplare.
Presente tra la gente con il suo incedere elegante e solitario, quando scendeva giù (a piedi) per via Vittorio Emanuele, dal suo palazzo fino alla città nuova, quella che negli anni ’60 viveva uno sviluppo rapido e caotico.
Sempre riservato ma pronto al saluto e soprattutto con la disponibilità a confondersi, per rendersi uguale agli altri: era il suo modo di essere il vescovo di tutti in un momento storico di grande fermento.
Nato a Squinzano, in provincia di Lecce, l’11 dicembre 1904, ordinato sacerdote il 21 agosto 1927, laureato in Filosofia e Teologia nella Pontificia Università Gregoriana, è stato soprattutto insegnante di Teologia, a Lecce, ad Assisi e a Molfetta.
A Castellaneta fece il suo solenne ingresso il 6 luglio 1958, nominato da Papa Pio XII.
Grande lavoratore, metodico e preciso, curava personalmente il bollettino, una vera panoramica degli avvenimenti diocesani. Attento alle attività del locale seminario, era sempre vicino ai suoi ragazzi, prima come insegnante di religione, poi come commensale giacché consumava i pasti con loro, confuso tra i suoi seminaristi. Nel mangiare era davvero parco, ma quei momenti vissuti al refettorio gli servivano per consolidare la familiarità con i suoi ragazzi. E allora lo scoprivi paziente nelle lunghe passeggiate pomeridiane con loro e addirittura paterno nell’attenzione ai loro bisogni, pronto ad aiutare i più poveri con mezzi economici di cui disponeva personalmente.
Era soprattutto un uomo dalla profonda vita interiore, che cercava in ogni cosa la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Capace di defilarsi, di tenere la sua persona sempre in secondo piano, e tuttavia vigile e attento alla vita spirituale dei suoi sacerdoti. Attento anche alla conservazione del patrimonio e preciso nelle ispezioni e nelle visite pastorali che ripeteva annualmente curando l’avvenuto adempimento dei decreti.
Rimpianto da molti alla sua partenza per la sede episcopale di Otranto.
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