Una lite per la consegna di un pacco postale è terminata nelle aule di tribunale. È accaduto a Castellaneta nell’estate del 2019 e la sentenza del giudice di pace è giunta solo pochi giorni fa: postino assolto dal reato di lesione personale perché il fatto non sussiste.
Condannato per lo stesso reato, invece, il padre della destinataria del pacco. L'uomo adesso dovrà far fronte a un risarcimento del danno quantificato in 600 euro oltre al pagamento delle spese processuali.
Entrambi gli imputati si erano querelati in seguito a una lite furibonda esplosa nei pressi della filiale castellanetana di Poste Italiane: la ragazza, secondo la sua ricostruzione dei fatti, avrebbe atteso invano, nel suo appartamento, la ricezione del pacco.
Nessuno avrebbe suonato al suo campanello mentre poco dopo, nella buca delle lettere, avrebbe recuperato un avviso di mancata consegna. Tanto bastò per montare in auto con suo padre e raggiungere l'ufficio postale per incontrare il portalettere con il quale in passato aveva già avuto vecchie ruggini.
Tra i tre volarono subito frasi colorite, gli animi si surriscaldarono fino ad arrivare al contatto fisico. La giovane denunciò di esser stata colpita a un labbro dal postino mentre quest’ultimo, difeso dall’avvocato Dario Colazzo, asserì di aver ricevuto un colpo allo zigomo sinistro dal padre della ragazza.
Due versioni contrastanti relative a un unico episodio che si verificò nei pressi dell’entrata posteriore dell’ufficio postale di via San Francesco.
Nel tempo sono stati ascoltati diversi testimoni e analizzati attentamente referti e diagnosi del Pronto soccorso dell’ospedale San Pio di Castellaneta. Quello del portalettere parlava di “contusione allo zigomo sinistro guaribile in 10 giorni” mentre quello della ragazza di “4 giorni di prognosi a fronte di una dichiarata lesione con sanguinamento del labbro”.
I sanitari, in sintesi, non avrebbero rilevato alcun taglio o ferite lacero contuse sul volto della giovane, dimessa poco dopo e affidata al medico curante anche per “stato ansioso reattivo”.
Questo aspetto, insieme alle deposizioni dei testimoni, avrebbe pesato notevolmente sulla sentenza emessa dal giudice Daniela Elia lo scorso 11 giugno.
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