
Il ponte ferroviario che attraversa la gravina sul tratto Castellaneta-Palagianello e che porta il nome di "Ponte di Santo Stefano" ha una storia curiosa.
L'IDEA
Dopo l'unificazione politica dell'Italia proclamata il 17 marzo 1861, una delle principali preoccupazioni dell'allora giovane Regno, fu quella di amalgamare gli italiani. La celebre frase "Abbiamo fatto l'Italia, adesso dobbiamo fare gli Italiani" sintetizza quella volontà. A un certo punto della sua storia, la rete ferroviaria che doveva collegare il Nord con il Sud si fermava a Gioia del Colle.
Per espandere la rete ferroviaria mancava il tronco Gioia-Taranto perché la particolare morfologia del terreno sul tratto Castellaneta-Palagianello poneva non pochi problemi dato che - oltre alle gallerie - era necessario costruire dei ponti di cui uno sulla gravina, lungo e alto, che gli ingegneri italiani non avevano l'abitudine di progettare. Poiché i Paesi vicini (Francia e Belgio) gestivano meglio le strade ferrate, la progettazione del ponte sulla gravina maggiore di Castellaneta fu affidata ad un talentuoso ingegnere di origine francese, Alfredo COTTRAU (pronuncia: Cottrò) che dopo i suoi studi in Francia aveva acquisito una rinomanza internazionale nella costruzione di ponti metallici di nuovo tipo, basati sull'uso di strutture a traliccio.
IL PRIMO PONTE
Il viadotto del COTTRAU, costruito fra il 1867 e il 1868, rese possibile l'apertura del tronco ferroviario Gioia-Taranto il 15 settembre 1868. Aveva un'altezza di 75 metri, e per la sua lunghezza totale di 204 metri era annoverato tra i più lunghi d'Europa. La sua realizzazione costò un milione e mezzo di lire. Era di una perfezione e di un'eleganza poco abituali nelle costruzioni ferroviarie di questo genere esistenti all'epoca.
Le entusiaste parole che ebbe a suo proposito lo storico Francesco Paolo MAGGIORE nelle sue "Memorie storiche di Castellaneta" (1910) non possono dirlo meglio: "Chi vuole avere un'idea della grandiosità dell'opera, deve scendere fino al fondo del burrone per godere un magnifico spettacolo. Vedrà il ponte come un nastro sospeso in aria e stupirà nel guardare la costruzione delle tre pile, snelle ed eleganti...".
il primo ponte, costruito tra il 1867 ed il 1868
DUE PARTICOLARI
Primo particolare: fra le maestranze che l'Ing. COTTRAU portò con sé a Castellaneta per la costruzione del ponte e del relativo tratto di ferrovia c'era un Ingegnere francese, Pierre Philibert BARBIN, di 48 anni, padre di due figlie, una delle quali, Marie Berthe Gabrielle nata a Lure (Francia) il 7 maggio 1856 che al loro arrivo in Italia aveva 11 anni, diventata signorina sposò il giovane veterinario Giovanni GUGLIELMI dal quale ebbe 4 figli, fra cui Rodolfo, diventato poi Rodolfo VALENTINO.
Secondo particolare: il COTTRAU, nel corso della sua vita, realizzò circa 3500 attraversamenti e – memorabile fra tutti – il primo ponte girevole di Taranto, costruito fra dicembre 1884 e settembre 1886, con due bracci a sbalzo, rimodernato nelle stesse forme fra gli anni 1956 e 1957.
IL SECONDO PONTE
Col passar degli anni, le locomotive leggere essendo state sostituite da nuovi locomotori più potenti capaci di tirare un maggior numero di vagoni, i convogli erano diventati più lunghi e più pesanti e sul ponte tendevano a superare il valore massimo del sovraccarico ammissibile.
Vista la necessità della sua sostituzione e considerando i vantaggi offerti dalle opere murarie per il loro minor costo, nel 1930 se ne costruì un secondo, in muratura, a un solo ordine di archi, anche lui, come il primo, alto 72 metri a contare dal fondo del vallone fino al piano del ferro, parallelamente al precedente, appoggiato su pile in calcestruzzo di cemento con rivestimento esterno in pietra mazzaro.
Dopo la costruzione di questo ponte in muratura, il ponte in ferro fu smantellato.
I più giovani lettori debbono sapere che su questo ponte in muratura passarono per anni, in treno, due volte al giorno e per tanti anni consecutivi, molti dei loro nonni, padri, fratelli o sorelle, che si recavano a Taranto per studiare o per lavorare (all'Arsenale o all'Italsider).
L'attraversamento del ponte era sempre una festa e l'occasione di guardare il fondo della gravina con un sentimento simile a quello che si avverte oggi in aereo quando – prima dell'atterraggio – si incominciano a sorvolare le case e gli edifici situati nei pressi dell'aeroporto.
Ancora esistente e malgrado la presenza di un pannello posto all'entrata per indicarne la pericolosità, questo ponte è ancora percorribile a piedi da chi ama le lunghe passeggiate e non soffre di vertigini.
IL TERZO PONTE
Se il passaggio dal ponte in ferro (primo ponte) al ponte in muratura (secondo ponte) fu dovuto all'aumentata potenza delle locomotive, il più recente passaggio dal ponte in muratura al ponte in cemento armato (terzo ponte) fu la conseguenza dell'introduzione delle locomotive elettriche che oltre ad essere più potenti erano soprattutto più veloci.
I convogli tirati dalle trattrici elettriche, lanciati ad alta velocità, avevano bisogno di binari aventi un adeguato raggio di curvatura. Inoltre, per migliorare la fluidità del traffico e aumentarne la sicurezza, era necessario un doppio binario. Le Ferrovie credettero allora opportuno riconsiderare non più il solo tratto Castellaneta-Palagianelllo, ma l'intero tronco da Bari a Taranto.
Il tracciato fu modificato in diversi posti. La rete si arricchì di un certo numero di opere d'arte più confacenti, e sul tratto che ci riguarda fu costruito l'attuale maestoso ponte in cemento armato, con struttura ad arco di grande luce incastrato al piede, dal quale spiccano le due pile destinate a sostenere l'impalcato. La lunghezza totale del ponte è di 350 metri mentre l'arco ha una luce di 150 metri e un'altezza di oltre 50.
Tre ponti allo stesso posto, realizzati ad epoche successive e con tecniche diverse.
Tre opere colossali e ardimentose che racchiudono una storia speciale, assai curiosa!
Pietro LOGLISCI
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