
Il fiume Lato, protagonista suo malgrado della cronaca degli ultimi giorni, a causa della sua esondazione in seguito agli eventi alluvionali, è un corso d'acqua fondamentale per l'intero sistema ecologico della "Terra delle Gravine", in quanto è il terminale di raccolta delle acque provenienti dalle gravine di Castellaneta, Laterza e Palagianello.
Eppure, questo "placido signore" della nostra terra, nonostante abbia molto da raccontare, è poco noto ai più, praticamente un illustre sconosciuto di cui si sanno solo nome e poco oltre. Sarà forse a causa della sua lontananza dal centro abitato e dalla stessa frazione marina; o forse perché è parzialmente inglobato, nei pressi della foce, all'interno di un complesso turistico, che ne impedisce di fatto l'accesso anche ai pedoni, privando castellanetani e turisti del piacere della sua scoperta.
Il corso d'acqua, lungo circa 5 km, nasce nei pressi della Masseria Sant'Andrea Grande, con le unioni dei torrenti provenienti dalla Lama (che raccoglie le acque della gravina di Laterza e delle gravine di Montecamplo) e della lama di Castellaneta (che raccoglie le acque delle gravine di Castellaneta e Palagianello). Lambisce i territori di Palagianello e Palagiano, prima si sfociare nello Jonio, nei pressi di Termitosa.
La parte più interessante dal punto di vista naturalistico del fiume è proprio la foce dove sono presenti canneti, giunchi e, in prossimità del mare, la classica flora marittima del ginepro rosso, del pino d'Aleppo e del lentisco. Abbondano anche i fiori come il giaggiolo acquatico e il giglio delle sabbie. Il canneto in primavera e autunno, durante le migrazioni diviene la casa della folaga, della gallinella d'acqua, del porciglione e di molti passeriformi, quali ad esempio l'usignolo d'acqua. Nelle sue acque è possibile pescare anche gustosi pesci come spigole, orate, gabbioni e sopratutto cefali.
la foce del fiume Lato
Ma il fascino del fiume Lato e della sua foce non è solo naturalistico: esso è un luogo ricolmo di una storia antica e lontana, giunta ai nostri giorni con fatica, come il ricordo di un sogno oramai svanito. Antichi manoscritti testimoniano come, sin dal X secolo, i luoghi attorno alla foce fossero una fonte di reddito, grazie alla raccolta del "prezioso" sale, che si formava durante i mesi estivi sui terreni adiacenti alla foce, sotto forma di una bianca crosta. Questo luogo era, infatti, conosciuto in antichità col toponimo "Le Saline".
Nel XVI secolo, Carlo V (imperatore asburgico, lo stesso che fregiò la nostra città col titolo di Fidelissimae Civitatis, in seguito alle vicende del Sacco di Castellaneta) fece erigere anche una torre di avvistamento per vigilare la costa contro le scorrerie dei pirati saraceni, fornita di merli, balestriere e cinta da un fossato. La Torre del fiume Lato è visibile ancora oggi; purtroppo è andato distrutto, sul finire del 1800, l'antico magazzino del sale.
la Torre di avvistamento nei pressi della foce
Sino agli inizi del secolo scorso, la zona era un enorme pantano paludoso, in cui regnava la malaria. Solo nel 1921, grazie al lavoro dell'Opera Nazionale Combattenti (O. N. C.), fu avviata la bonifica ed il risanamento idraulico ed igienico, con la costruzione del canale della "Mezzana Orientale", lungo una decina di chilometri, che da Ginosa Marina giunge al fiume, provvedendo così all'eliminazione delle paludi e dei ristagni delle piaghe pianeggianti.
Se oggi possiamo godere della nostra marina, lo dobbiamo proprio al lavoro che quegli uomini fecero circa 80 anni fa. Ma sopratutto, se oggi godiamo di un territorio meraviglioso, ricco di biodiversità e di fascino naturalistico, lo dobbiamo a lui, al fiume Lato. Un "placido signore" da oggi meno sconosciuto.
Daniele Lavarra
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