"Come ogni anno, il due novembre, c'è l'usanza per i defunti, andare al cimitero...": con questi versi il principe della risata Antonio De Curtis, a tutti noto come Totò, dava inizio alla sua famosa Livella.
Scritta per ironizzare sulla morte, ricorda nell'incipit come la ricorrenza del giorno dei morti sia molto sentita e partecipata da tutti. Ogni città ha poi le sue tradizioni legate alla commemorazione dei defunti e così anche la nostra Castellaneta dove la ricorrenza è unita alla processione dell'"An'm sant' e b'n'ditt d lu Priatorij", un rito che, pur modificatosi nel corso del tempo nella veste e nella forma, mantiene inalterato il suo fascino.
Il consuetudinale corteo è da sempre stato legato alla Confraternita del Rosario e alla chiesa che la ospita, san Domenico. Da questa chiesa, la sera del primo novembre, dopo i Vespri, si snodava la processione dei confratelli del Rosario, incappucciati e vestiti dell'abito del loro sodalizio. Il corteo percorreva così le buie strade del centro storico, illuminate solo dalla fioca luce delle lanterne recate dalla confraternite.
Era, quello dell'incedere dei confratelli, il momento più temuto dai bambini, atterriti sia dall'abbigliamento dei membri della congrega, irriconoscibili per via del cappuccio, sia dal lugubre suono di un campanaccio che accompagnava la litania "L' An'm sant' e b'n'ditt d lu Priatorij", recitata da uno dei confratelli.
L'incappucciato bussava poi alle porte che incontrava sul suo cammino in cerca di olio da usare l'indomani per alimentare le lampade votive dei defunti, ovvero le anime sante e benedette del Purgatorio citate nella nenia.
Oggi il corteo, dopo un periodo di sospensione durato diversi anni, è stato ripreso e ha inizio, al termine della messa serale del primo novembre, sempre dalla chiesa di San Domenico. Vede la partecipazione non più dei soli confratelli ma anche dei fedeli che vogliono parteciparvi e, non essendo più necessaria la questua dell'olio (le lampade votive sono ormai elettriche), durante la processione si rivolgono alle anime dei defunti le preghiere del Santo Rosario, intervallate dalla tradizionale giaculatoria.
Se dunque la Confraternita del Rosario e la Parrocchia di san Domenico continuano a mantener vivo questo rito, è caduta completamente nell'oblio l'usanza di allestire un catafalco, detto "Castellana",sempre nella stessa chiesa di san Domenico. Intorno al catafalco, sul quale erano dipinti i simboli della morte, si riunivano all'alba del due novembre i confratelli del Rosario per celebrare la messa in suffragio delle anime defunte.
In tempi più recenti si è affermata e consolidata, divenendo ormai tradizionale, un'altra usanza: verso le due del pomeriggio del giorno della ricorrenza dei morti, si muovono, partendo dalla Chiesa Cattedrale, le confraternite della città, dirette, in processione verso il cimitero: qui, dopo aver deposto una corona di fiori davanti alle rispettive cappelle, partecipano alla messa officiata nella cappella cimiteriale. L'incedere dei confratelli durante il cammino è accompagnato dal suono, a tratti un po' lugubre, di una campana.
Non bisogna dimenticare che anche la cucina si arricchisce in questi giorni di nuovi sapori: nel giorno dedicato ai cari che non ci sono più fanno solitamente capolino sulle tavole i fichi secchi, farciti con mandorle tostate. Con i fichi e altri cibi, poi, si imbandivano e si imbandiscono ancora oggi, la sera del primo novembre, le tavole, nella convinzione che i propri defunti tornino per rifocillarsi.
Si ritiene infatti che, in questa notte, il confine fra l mondo dei vivi e l'aldilà si assottigli tanto da permettere a chi è trapassato di tornare a trovare le proprie famiglie.
I defunti siedono perciò al nostro desco dove, citando Giovanni Pascoli e la poesia "La Tovaglia, "Stanno lì sino a domani.../senza che nulla si senta / sotto la lampada spenta."
Rossella Tarquinio
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