I ricordi sull’operato e sul valore morale di sua madre, riportati da Valentino nelle varie biografie esistenti, hanno il candore dei ricordi fanciulleschi.
Scrive, per esempio, ne “Il mio diario privato“, tradotto e annotato da Renato Floris [2023], “Mia madre, una delle donne più coraggiose che abbia mai conosciuto” capace di dare insegnamenti di vita utili nei momenti difficili secondo “valori infusi direttamente da quella piccola figura coraggiosa e valorosa di mia madre”.
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Titolare di una vita avventurosa, la mamma di Rodolfo Valentino si chiamava Marie Berthe Gabrielle Barbin.
Nata nel 1856 a Lure (Francia), un piccolo paese a 300 metri sul livello del mare situato nel dipartimento dell’Alta Saona (Francia orientale), prossimo ai confini con la Svizzera e la Germania.
Figlia di Pierre Philibert e Marie Rose Willien, aveva una sorella, Leonie, più grande di lei di quasi dieci anni. Suo padre era un ingegnere ferroviario che nel 1864 fu inviato a Taranto per dirigere i lavori dei grandi viadotti ferroviari in ferro per conto di una società francese che ne aveva ottenuto l’appalto.
Probabilmente in previsione di un duraturo impegno in Puglia, portò a Taranto la moglie e la figlia Leonie. Invece Gabrielle, che allora aveva otto anni, era rimasta in Francia affidata alla famiglia dello zio Alphonse per completare i corsi dell’istruzione obbligatoria.
A settembre del 1868 fu inaugurato il tratto ferroviario terminale Gioia del Colle-Taranto e a novembre dello stesso anno l’ingegnere Barbin morì a Taranto. In quella occasione, per il triste adempimento del funerale, la piccola Gabrielle fu portata per la prima volta in Italia. Tuttavia dovette rientrare in Francia a completare i suoi impegni scolastici.
Vi rimase fino al 1870 quando lo scoppio della guerra franco-prussiana determinò una pericolosa situazione nelle regioni confinanti, motivo per il quale Gabrielle si ricongiunse definitivamente a sua madre e sua sorella a Taranto.
Lì iniziò una fruttuosa collaborazione con la famiglia di don Nicola Giovinazzi che proprio quell’anno aveva sposato la marchesa Costanza Beaumont Bonelli stabilendosi nel palazzo di famiglia tarantino.
Gabrielle si faceva apprezzare per i suoi modi colti ed educati e la marchesa la nominò dama di compagnia. Gabrielle la seguiva in tutti i suoi spostamenti soprattutto quando si recavano alla masseria san Mama, in territorio di Castellaneta, che era il punto di riferimento della immensa tenuta agraria di don Nicola.
Qui Gabrielle conobbe il veterinario di Castellaneta, dottor Giovanni Guglielmi, che sposò a Taranto il 22 giugno 1889.
Giovanni morì il 24 marzo 1906 e donna Gabrielle Barbin, vedova con tre figli, andò ad abitare in via Massari 12, un palazzotto che suo padre aveva lasciato in eredità alla famiglia.
Mentre i suoi tre figli vivevano le loro vicende diversificate, donna Gabrielle abitò in quella casa per oltre otto anni legando fortemente il suo cognome a quel palazzo di via Massari 12. Va detto, infatti, che quei locali, curiosamente, ancora oggi ne portano il nome.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Gabrielle, rimasta sola con la figlia più piccola Maria, se ne tornò in Francia dai suoi parenti a Saint-Vit, un sobborgo di Besancon nel Doubs in Borgogna, forse per cure mediche ma anche per rendersi utile fornendo assistenza ai soldati feriti nel vicino ospedale.
Gabrielle morì il 10 gennaio 1918 assistita da sua figlia Maria e fu sepolta a Besancon, nel cimitero di Chaprais dove è conservata la sua tomba. Sulla lastra tombale la scritta “Gabrielle Guglielmi” (e non Barbin) e sul libro aperto poggiato sopra: “Ici repose la mere de Rudolf Valentino”.
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