Nel 1934, Stefano Napolitano, talentuoso musicista castellanetano (per alcuni decenni al Metropolitan di New York) ma anche valente pittore, si fece promotore di una preziosa iniziativa, cioè l’istituzione di una pinacoteca comunale a Castellaneta.
Spinto da “devozione filiale disinteressata e sentimento di orgoglio per il patrio suolo” donò al Comune ben 52 dipinti a soggetto vario, molti ispirati dalle storie e dai panorami americani dove aveva lavorato.
Le foto
A quella iniziativa presero parte “per concorso disinteressato nell’apprezzata iniziativa” donando alcuni lavori (pochi) anche altri pittori di origine castellanetana come il prof. Nicola Forcella e suo fratello Francesco Paolo, rinomati pittori orientalisti. Con loro anche Laura Speziale, e infine la signora Matilde Festa moglie dell’architetto Piacentini.
Ma chi era Matilde Festa e quale fu la sua fortuna artistica?
All’anagrafe Matilde Umbertina Maria, era nata nel 1890 dal matrimonio tra il “maestro di musica” Pietro Festa e Maria Cristina Forcella di Castellaneta, dimoranti a Roma ma presto trasferiti al Cairo dove si trovavano gli zii materni, i fratelli Nicola, apprezzato orientalista di fine ottocento, e Paolo Francesco, primo direttore della sezione Pittura della Accademia di Belle Arti della capitale egiziana.
Nella famiglia dei Forcella, con il papà Giovanni calzolaio abitante alle Carrare, nella traversa oggi detta vico Forcella, erano nati dodici figli e più di uno manifestò attitudini artistiche, coltivate non senza difficoltà.
Maria Cristina, una dei dodici, era rimasta nell’ambiente artistico sposando il professore di pianoforte Pietro Festa ed evidentemente trasmise a sua figlia Matilde l’attitudine artistica.
Matilde, trasferita più volte dall’Italia in Egitto, frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli, ritornò al Cairo e solo nel 1913 fece rientro in Italia sposando l’anno successivo l’architetto Marcello Piacentini che diventerà il più importante ideologo del monumentalismo del regime fascista.
La vicenda artistica di Matilde ce la racconta Francesca Bottacin dell’Università degli Studi di Urbino, Scuola di Conservazione e Restauro, che ha potuto studiare un nucleo di 15 opere autografe provenienti da una collezione privata. Riportando la sintesi del suo lavoro in un godibile saggio su Matilde Festa Piacentini, pittrice, decoratrice e mosaicista, Gangemi Editore, Roma 2023.
Mi piace ricordarlo oggi, 8 marzo, sulla scorta delle sue considerazioni, che rappresentano un importante spunto di riflessione sulla condizione della donna artista nel Novecento.
Matilde, una donna che pur avendo lasciato ai posteri tante opere dove dimostra il suo talento ma anche la sua raffinatezza inventiva, è stata vittima “di una misoginia antica” laddove la critica suggeriva capziosamente che i successi conseguiti, anche in campo internazionale, fossero dovuti al fatto di essere moglie di un uomo potente, sorvolando invece su un talento autentico sostenuto da una seria formazione.
E poi subito messa da parte. Infatti con la fine della guerra e del fascismo terminò la carriera artistica della moglie ma non quella del marito che continuerà a essere accademico di successo. Insomma una donna artista ahimè pressoché dimenticata e che morirà nel 1957.
Matilde dunque aveva donato alla costituenda pinacoteca castellanetana tre dipinti: due acquarelli con paesaggi egiziani e un dipinto ad olio raffigurante un’indigena. Ma di questi non c’è più traccia.
Eppure ci sarebbe piaciuto vederli esposti in una pinacoteca locale.
(Le immagini a corredo sono dovute alla cortesia del professore Roberto Dulio, Politecnico di Milano).
Le notizie del giorno sul tuo smartphone
Ricevi gratuitamente ogni giorno le notizie della tua città direttamente sul tuo smartphone. Scarica Telegram e clicca qui