
Tra le consuetudini della tradizione popolare c’era, nelle feste paesane, l’albero della cuccagna.
Le foto
Un palo molto alto alla sommità del quale veniva posta una ruota che sosteneva i premi da conquistare. I premi consistevano quasi sempre in generi alimentari appesi con dovizia e a disposizione di chi riusciva a raggiungerli, arrampicandosi in un percorso difficile essendo il palo ricoperto abbondantemente di grasso scivoloso.
I volontari che si cimentavano erano parecchi ma salire era davvero difficile. Per questo l’evoluzione del gioco, prima fatto a livello individuale, spesso prevedeva la partecipazione di squadre i cui componenti si aiutavano nella salita e ovviamente partecipavano alla eventuale divisione dei premi (i corposi e interessanti generi alimentari).
In un caso o nell’altro erano favoriti i soggetti brevilinei (cioè non molto pesanti) con eccellenti muscoli forgiati dal lavoro manuale quotidiano.
La regola era unica e semplice: il primo che riusciva a salire fino in cima si aggiudicava i premi. Tuttavia c’erano delle strategie perché i concorrenti sapevano che i primi assalti servivano solo a prendere confidenza e a togliere un po’ di grasso. Per vincere bisognava avere occhio e scegliere il momento giusto, quando il palo era parzialmente (ma non troppo) ripulito dai concorrenti precedenti. Spesso accadeva di doversi arrendere a pochi centimetri dal traguardo con una rapida e scivolosa ricaduta.
Poi, quando la meta sembrava a portata di mano, arrivava l’assalto vincente, intrapreso con intrepido coraggio, e la conquista dei premi.
Di questo gioco veniva apprezzata la valenza popolare diventando il target di feste organizzate da associazioni politiche o sindacali. Una vera festa popolare per la quale gli organizzatori utilizzavano uno spazio ampio (la piazza, o uno slargo rurale periferico quando il gioco veniva associato ai falò) per consentire una folta presenza di pubblico che, in cerchio, calorosamente osservava e commentava i tentativi dei partecipanti.
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