
Il tribunale del riesame, presieduto dal magistrato Giuseppe Licci, martedì scorso ha accolto l’impugnazione del provvedimento eseguito da Capitaneria di Porto e Carabinieri Forestali lo scorso 5 febbraio (convalidato dal pubblico ministero 3 giorni dopo), depositata dal proprietario della struttura Antonio Semeraro attraverso i suoi avvocati Raffaele Errico e Giuseppe Passarelli. Le contestazioni mosse dagli organi inquirenti riguardavano la realizzazione di numerose opere edili ritenute prive di autorizzazione paesaggistica, ambientale e demaniale.
Il sequestro dello stabilimento balneare "Albatros Beach Club" di Castellaneta Marina è stato dunque revocato.
I legali di Semeraro, oltre a rilevare la violazione del diritto alla difesa del proprio assistito, hanno sottolineato due diversi aspetti che, per ragioni differenti, hanno svuotato il decreto di convalida del sequestro.
Il primo, entrando nel merito del procedimento restrittivo, fa riferimento all’esistenza di precedenti giudicati sulla realizzazione della maggior parte di quelle opere, risalenti a più di 30 anni fa, situazione che configurerebbe il celebre “ne bis in idem”. Semeraro, infatti, aveva già ottenuto il proscioglimento dall’accusa di abuso edilizio poiché si trattava di opere già condonate: Errico e Passarelli, quindi, hanno rilevato l’insussistenza di un ulteriore procedimento per reati già giudicati.
Rispetto alle esigenze probatorie del sequestro, invece, così come indicate nel decreto di convalida, il tribunale del riesame ha ritenuto accoglibile l’eccezione dei legali di Semeraro rispetto al difetto di motivazione. I giudici hanno ritenuto insufficiente il richiamo del pubblico ministero al fatto che le cose poste sotto sequestro consistano “nel corpo del reato o cosa pertinente al reato il cui mantenimento del sequestro è indispensabile al fine della prosecuzione delle indagini”. Trattandosi di sequestro probatorio, infatti, l’autorità procedente avrebbe dovuto indicarne le finalità, spiegare in che modo privare il proprietario della disponibilità del bene avrebbe consentito di raccogliere ulteriori elementi a sostegno delle accuse.
Tale mancanza di motivazione, insanabile in sede di riesame, non ha neanche trovato conforto nel rinvio al verbale di polizia giudiziaria, operato dal pubblico ministero nel decreto di sequestro. Nel provvedimento, infatti, i militari avevano qualificato il sequestro come preventivo, non individuando alcuna esigenza probatoria.
Il provvedimento di sequestro e la relativa convalida, quindi, sono stati ritenuti nulli dal tribunale del riesame, con la conseguente restituzione dei beni al proprietario.
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