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ROSE DUNPHY | SCRITTRICE

ROSE DUNPHY | SCRITTRICE ROSE DUNPHY | SCRITTRICE | © n.c.

Rosetta nasce in Vico Sedile a Castellaneta negli anni Quaranta ed ha solo dieci anni quando sua madre la affida ad una coppia di zii di New York. Da quel giorno Rosetta diventa per tutti Rose Marie.

Frequenta la scuola in America e diventa insegnante di biologia e di inglese. Rose si sposa e prende il cognome di suo marito: Dunphy. Prosegue la sua vita tra impegni lavorativi e familiari, dividendosi tra la sua casa a Long Island e quella a Delray Beach in Florida ed intanto cresce dentro di sé la necessità di raccontare la storia più dolorosa che ha vissuto sulla propria pelle: l'abbandono. Rose non sa perché sua madre l'abbia mandata in America ma la sua sete di risposte diventa sempre più ingombrante.

Così nasce Marietta, alterego letterario di Rose, protagonista del suo primo romanzo "Orange Peels and Cobblestones". Marietta, tormentata dai ricordi e dagli interrogativi, decide di tornare in Italia alla ricerca della propria famiglia, delle proprie origini e della risposta a quella domanda insistente: perché?

La protagonista riesce a porre quella domanda a sua madre Stella. Per conoscere la risposta non ci resta che sfogliare le commoventi pagine di questo libro autobiografico attualmente acquistabile su www.amazon.com.

Consiglio a tutti di dare fondo alle proprie conoscenze di lingua inglese in attesa che venga pubblicata la versione italiana del romanzo o che magari, come sogna Rose, il suo "Orange Peels and Cobblestones" diventi un film!

Insegnante, moglie, madre di quattro figli. Come sei riuscita a conciliare tutto questo con la tua passione per la scrittura?
Ho sempre sentito la voglia e la necessità di scrivere ma non ho potuto farlo nel periodo in cui insegnavo per via dei miei impegni lavorativi. Quando sono nati i miei figli ho smesso di lavorare perché volevo seguirli nella loro crescita. Quando loro dormivano o erano a scuola, io rimanevo sola e così ho iniziato a scrivere saggi, poesie e brevi racconti. Quando scrivevo mi perdevo nelle storie che venivano fuori dalla mia penna e provavo dentro un'immensa tranquillità, quasi terapeutica!

Hai iniziato scrivendo articoli, saggi ed un libro sui disturbi alimentari. Quando hai sentito la necessità di scrivere il tuo primo romanzo?
Ho sempre voluto scrivere la mia storia perché sentivo che mi batteva nel cuore ma in un primo momento tendevo a soffocare questa necessità perché mi provocava troppo dolore. È arrivato poi il momento in cui non potevo più tenerla dentro. La mia storia chiedeva di essere raccontata; me l'ha chiesto quando è nata la mia prima figlia e poi quando sono nati anche gli altri. Me l'ha chiesto insistentemente quando i miei figli hanno compiuto dieci anni, l'età che avevo io quando ho lasciato Castellaneta. Così un giorno mi sono seduta ed ho iniziato a scrivere.

"Orange Peels and Cobblestones" è il tuo primo romanzo. Trovo curiosa la scelta del titolo. Cosa evocano in te le scorze d'arancia ed i ciottoli?
Se leggi il libro capisci il perché di questa scelta. Nelle pagine del mio romanzo ci sono diversi riferimenti alle scorze d'arancia ed ai ciottoli. Ricordo che io e mia cugina giocavamo a campana sulla strada di casa, fatta di ciottoli, ed utilizzavamo le scorze d'arancia che i miei zii ci davano alla fine del pasto.

Il romanzo parla di una storia che ha molto a che fare con la tua vita. In particolare la domanda che ti poni è "come una madre può lasciare la propria figlia?". Sei riuscita a darti una risposta a questa domanda?
Forse, non ne sono del tutto sicura. Ciò che so per certo è che quando una madre da via il proprio figlio, lo fa con molto dolore e sofferenza. E questo dolore è molto grande se il proprio figlio ha solo dieci anni, come nel mio caso.

Stai già lavorando al tuo prossimo romanzo?
Si, ho iniziato a scrivere il seguito di "Orange Peels and Cobblestones". Chi ha letto il mio romanzo, ha amato molto la storia che raccontavo. Alcuni mi hanno detto di aver pianto ma anche riso molto durante la lettura. I miei lettori vogliono sapere come va a finire, cosa succede dopo.

Ti chiedi mai come sarebbe stata la tua vita se fossi rimasta a Castellaneta?
Se non avessi lasciato l'Italia, probabilmente mi sarei sposata con un meraviglioso ed amabile uomo italiano come hanno fatto le mie cugine. Non avrei sentito il dolore della separazione dalla mia famiglia che amo e che mi ama. Sarei rimasta con la mia famiglia.

Ricordi il giorno in cui hai lasciato Castellaneta?
Non ricordo niente di quel giorno. I miei cugini ed i miei zii mi hanno detto "Come piangevi quel giorno!". So solo che non volevo lasciare i miei nonni, i miei cugini, mia madre e mia sorella per andare da sola in America, un posto così distante e sconosciuto, con una lingua ed una cultura differenti da quelle italiane.

Torni spesso a Castellaneta?
Si, sono tornata diverse volte e mi piace tornarci. Mi piace camminare per le strade che mi hanno vista crescere e giocare. C'è ancora gente che mi riconosce per strada. Si ricordano della piccola bambina che partì per l'America tutta sola. Ho ancora zii e cugini che vivono a Castellaneta ed è sempre un piacere andare a trovarli. La prima volta che sono tornata a Castellaneta, l'ho fatto con mio marito ed i miei quattro figli. Ricordo che tutti i miei familiari sono venuti ad accogliermi in aeroporto, mi hanno fatta sentire una regina!

Cosa significa per te la parola "casa"?
La mia casa è dov'è la mia famiglia ovvero qui a New York con mio marito ed i miei figli. Ma quando torno a Castellaneta mi sento come a casa. È quella parte di me che ci sarà sempre, quella che a volte ho cercato di cacciare via ma che farà sempre parte della mia vita.

Cinque cose di Castellaneta che metteresti in valigia e porteresti con te.
Porterei mio nonno e mia nonna che ho amato in maniera assoluta. Mia madre, mia sorella ed il resto della famiglia. Vorrei indietro l'infanzia che mi è stata rubata, la mia casa e la mia strada dove ho vissuto e dove giocavo; la chiesa di San Domenico dove ero solita pregare; la fontana alla fine della strada dove andavamo a prendere l'acqua. Quando vivevo in Italia non avevamo acqua corrente, elettricità, telefoni o macchine. Eravamo solo persone che si volevano bene.

Marilia Fico per ViviCastellaneta

Il blog di Rose Marie Dunphy: http://rosemariedunphy.blogspot.com.es/



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